American pipparols® across Europe
Fortunatamente, in Europa ci sono città grandiose, che hanno ancor oggi la capacità di sminuire l’autostima dei viaggiatori più navigati, lasciandoli a bocca aperta. Città capaci di metterci in imbarazzo rendendo evidente il nostro provincialismo anche per chi si sente un cosmopolita per eccellenza. Una di queste città è Parigi. Uno di quei posti in cui concetti astratti (per l’Italia spesso immaginifici), assumono significati concreti e tangibili: infrastrutture, trasporti, cultura, eventi, architettura, urbanistica, arte, fruibilità. Il brutto di queste città è che spesso sono piene di americani, giovani e non, che pascolano allo stato braido, bivaccando come bisonti tra monumenti, musei e boulevards.
Il viaggio nella vecchia Europa è infatti diventato un must assoluto per i giovani americani abbastanza ricchi per permetterselo, tuttavia il grand tour di oggi, in da american style è un po’ diverso da quelli di Goethe. E’ l’alternativa “colta” e snob alle summer holidays in Messico o in Brasile, dove succede un po’ di tutto, ma principalmente sbronze tristi e scopate meccaniche.
Ed eccoli qui, les americains. Anzitutto, si riconoscono subito: solitamente viaggiano in pantaloncini da deficienti, occhiali avvolgenti da snowboard o altri salcazzi sportivi, T-shirts o camicette a quadrettini, cappelli da rapper in lana o con visiera, da baseball, scarpe da ginnastica spesso alternate a orrendi sandali da ginnastica o a inguardabili infradito. Per le ragazze vanno di gran moda gli shorts di jeans sdrucito abbinati a top da bancarella in color fucsia, verde smeraldo o giallo canarino, con la variante del vestitino corto stile impero di cotonina, abbinato ovviamente alle ciabatte che les jeunes filles européennes userebbero solo per non prendere i funghi facendo la doccia in palestra. Quando crescono e diventano cinquantenni, la divisa d’ordinanza dell’americano in vacanza è formata da camicia quadrettata a mezze maniche, chinos color khaki con il risvolto troppo alto e scarpe da ginnastica ancora più brutte. E questo vale sia per gli uomini che per le donne.
Viaggiano in treno con zaini da alpinisti o borsoni, in ogni caso lerci ed enormi (che cazzo ci terranno dentro lo sa solo il padreterno), badando bene di piantarli nella schiena degli altri passeggeri o di far passare le rotelle sui loro piedi ad ogni occasione propizia .
Si fanno fotografare davanti all’Altare della Patria a Roma con un figurante vestito da centurione perché pensano che sia un’opera di architettura d’età imperiale; fotografano distrattamente, senza nemmeno inquadrare qualsiasi stronzo dipinto esposto al Louvre, incluso il cartello della toilette, per far vedere che hanno fatto attività culturali; rumoreggiano dandosi di gomito alla Cappella Sistina, evidentemente eccitati per le nudità michelangiolesche.
Soprattutto, bevono. Si riempiono di birra e alcoolici mescolati direttamente nello stomaco e si mettono a chiappe all’aria a Campo Dé Fiori, alle colonne di San Lorenzo a Milano o a via Chiaia a Napoli. Non conoscendo né il concetto di senso della misura, né quello di rispetto nei confronti del prossimo, sono spesso i favoriti nel casting per i protagonisti delle risse. Se gli va bene, la Polizia se li porta via e passano un paio d’ore in questura con una denuncia a piede libero che useranno per pulirsi il culo, se gli va media si fanno riempire di mazzate che tanto non sentono perché anestetizzati dall’alcool, se gli va male finiscono all’ospedale accoltellati. Le ragazze invece si limitano ad alcoolizzarsi come tante piccole Sue Ellen, ad intasare metaforicamente e non solo i cessi dei pub, versando distrattamente birre ed altri alcoolici sugli altri clienti e, soprattutto, di troioneggiare in perfetto stile Paris Hilton. Eh già, perché tra le americane qualsiasi palla di lardo con al posto della faccia un dipinto di Georges Braque è fermamente convinta di poter c0mpetere in charme e seduzione non dico con una donna mediamente carina, ma direttamente con Monica Bellucci o con Carla Bruni.
Tra le americane, la peggiore in assoluto che ho visto era un po’ più agé, eavra avuto sui trentacinque anni. L’ho incontrata alla Tour Eiffel, aveva due figli – rigorosamente ebeti – di sette e cinque anni, e un passeggino grande come un’Ape Piaggio per portare il piccolo, che si era nascosto sotto una coperta di pile (a fine giugno), per fare Casper il fantasmino. Questa donna era in fila per salire su uno degli angusti ascensori che portano a “le sommet“, la parte più alta della torre, ed è riuscita a piantare le ruote negli stinchi di chiunque gli passasse vicino. Mentre era in fila, ne ha approfittato per farsi una bella pinta di birra e mangiarsi un bel cartone di patatine fritte bisunte, perché è evidente che le “french fries” più buone del mondo non possono che esserequelle servite al secondo piano della Tour Eiffel. Quando l’addetto agli ascensore le ha fatto capire che non avrebbe mai permesso a quel panzer mascherato da passeggino di salire fino in cima, e che doveva lasciarlo lì, ha iniziato a sbatterlo per terra istericamente, fingendo di piegarlo, mentre lei veniva posseduta spiritualmente dall’antica divinità pagana delle imprecazioni, conosciuta in certe regioni come Biastimella. Dietro di me, una famiglia di spagnoli a prenderla ferocemente per il culo “Ahora y aqui: es el momento mejor para buscar una patatita francesa y un litro de cerveza“. Naturalmente lei non si è minimamente scomposta, né ha mostrato alcun imbarazzo per la scena ridicola e patetica che stava mettendo in scena davanti ad un abbondante cinquantina di persone.
Ecco, certe volte capisci che i Talebani, Ahmadinejad e Kim il Sung non possono avere proprio tutti tutti i torti.
E dopo la dottissima citazione di Tomas Milian nel titolo (cfr. Squadra antimafia, 1978), vi lascio ad un aforisma di Indro Montanelli:
Quando mio nonno voleva rimproverarmi mi diceva che ero un cazzone. Quando l’avevo fatta davvero grossa mi inseguiva urlando “cazzone americano“.
2 luglio 2009 a 7:28 PM
Da applauso 🙂
2 luglio 2009 a 9:06 PM
Chapeau.
2 luglio 2009 a 9:01 PM
Bel post, ma vogliamo parlare anche degli italiani che vanno all’estero?
2 luglio 2009 a 9:06 PM
Vanno in Grecia, e cercano gli spaghetti. Vanno in Francia, e cercano gli spaghetti. Vanno in Madagascar, e cercano gli spaghetti. Prendono un aereo, e quando atterra, applaudono il pilota tra gli sguardi allibiti dei passeggeri di qualsiasi altro paese. Gli italiani all’estero, certi italiani all’estero sono indifendibili. C’è materia di molti, molti post.
2 luglio 2009 a 10:56 PM
Vorrei avere l’onore di scrivere un post a quattro mani sugli italiani all’estero.Oltre agli spaghetti avrei da raccontare delle chicche imperdibili, sopratutto per quei italiani che vano nei paesi dell’Europa dell’est. Stereotipi a profusione 🙂
3 luglio 2009 a 12:58 PM
Facciamolo. Ho ancora da qualche parte una valigia piena di campioncini di profumi, calze di nylon e penne Bic.
3 luglio 2009 a 11:30 PM
scritti, ti ho ispirato vedo.
Occhio che non ti venga un aneurisma da tanto astio. 🙂
Potrei aiutarti, io ho una valigia piena di figure di merda sia di italiani che di stranieri.
4 luglio 2009 a 9:29 AM
Nessun astio: sono stato da poco a Parigi e volevo fare un post, parlando della donna col passeggino. Mi hai dato un pretesto che ho preso al volo.
4 luglio 2009 a 10:46 PM
Mi vengono in mente i giapponesi a Pompei col posacenere in mano per non sporcare per terra. E le mogli dei calciatori a giugno nel golfo della Marinella mentre spengono le cicche nell’arena bianca.
Forse dipende dalla famiglia in cui ti formi.
9 luglio 2009 a 3:30 PM
Bah, maybe didn’t get this. Forse un tono autoironico troppo ben camuffato da capirlo. Però quanto qualunquismo. Ti facevo più alto.
Senza rancore,
AB
9 luglio 2009 a 3:40 PM
Grazie, sto bene come sto senza preoccuparmi di piacere ai raffinati intellettuali.
9 luglio 2009 a 3:53 PM
Oh, scritti, certo che fai bene a stare così come sei. è che rispetto alle altre cose che scrivi mi sembrava dissonante, tutto qua. Ma farò in modo di non arrecarti più disturbo.
Buona vita,
AB
13 luglio 2009 a 5:24 PM
ho lo stesso dubbio di parecchi tuoi visitatori, a quanto vedo.
sicuro sicuro sicuro che sian solo gli americani? ti assicuro che ho in mente come minimo una cinquantina di quadretti desolanti di nostri connazionali all’estero. Ma anche in Patria, a dire il vero.
13 luglio 2009 a 6:23 PM
Sono d’accordo: i nostri connazionali all’estero non sono da meno. Siamo l’unico popolo che applaude quando l’aereo atterra, che pretende di mangiare gli spaghetti come quelli della domenica anche se è in Kazakhistan, capace di imbastire teatrini dell’assurdo in spiaggia come alla reception di un albergo o in qualsiasi locale pubblico, che fatica sempre a capire la differenza tra camerieri e schiavi, che spesso si dimostra totalmente irrispettoso nei confronti delle culture e delle tradizioni altrui. Per non parlare poi delle leggi e dei regolamenti. Caratteristica saliente dell’italiano all’estero è l’idea che il fatto di pagare per un servizio o un bene lo metta automaticamente nella condizione di fare lo stronzo. E tuttavia, pur riconoscendo questi ed altri difetti degli italiani, mi andava di fare un post sugli americani. Senza obblighi di par condicio, altrimenti finirei per parlare solo di questo.
18 luglio 2009 a 11:39 AM
letto in ritardo…ma grande sparus!
18 luglio 2009 a 11:53 AM
…intendo sia il post che le risposte ai commenti…a me l’america piace, la sua cultura pure, le sue contraddizioni mi interessano: non trovo così sconcio il quadretto che hai fatto. anch’io ne ho visti tanti di turisti e turiste americani/e fare cose allucinanti e se lo racconto non mi sento qualunquista. anzi, a dire il vero, le accuse di qualunquismo suonano tanto di una forma contorta di politically correct. se vedo uno seduto al ristorante con il cappellino da baseball e lo racconto con un certo raccapriccio non credo di stare alimentando uno stereotipo…nè mi sto scordando le figure di merda fatte dai miei connazionali in giro per il globo…ma che c’entra?!?
18 luglio 2009 a 9:20 PM
Sinceramente non ho capito bene il senso di alcune osservazioni. La critica non mi spaventa, non si può piacere a tutti, a meno di gigioneggiare, ma sinceramente non vedo il problema di raccontare cose che vedo nel modo in cui mi piace raccontarle. Del resto, non ho mai molto apprezzato gli atteggiamenti blasé né il politically correct né i cultori dei luoghi comuni che fanno le blogstar.
19 ottobre 2009 a 4:09 PM
ne jetons pas l’huile sur le feu, sicuramente i cari cugini tedeschi potrebbero dare lezione di stile agli americani, ad esempio : come portare con eleganze una calza di lana fino al ginocchio in pieno caldo affoso…
per le french fries, le migliori sono in Belgio…
19 ottobre 2009 a 5:17 PM
I tedeschi all’estero sono diversamente inqualificabili rispetto agli americani. Solo per citare qualche esempio: fare storie sul bus perché sul loro depliant c’era scritto che il biglietto costava 1 euro invece che 1 euro e dieci; girare solo con un asciugamano in vita negli spazi comuni di un bed and breakfast; andare regolarmente a piedi nudi nei cessi dei campeggi; mettersi a giocare a pallone alle 6.00 del mattino etc etc. Però la cazzoneria degli americani non si batte.
19 ottobre 2009 a 5:34 PM
i tedeschi che conosco vanno senza asciugamano negli spazi comuni… mi ricordo un pullman di tedesche all’ostello della gioventù a Ravenna, tutte rigorosamente nude per spazzolarsi i denti…
19 ottobre 2009 a 5:46 PM
Beato te: a me solo cinquantenni pingui e brizzolati.
19 ottobre 2009 a 6:27 PM
beh beata non so, avrei preferito un pullman di maschi biondini… la dura legge dell’offerta e della domanda !
19 ottobre 2009 a 6:48 PM
Se sei una donna, vabbè, passo. A ognuno il suo.
21 ottobre 2009 a 10:43 AM
potrebbe essere peggio, potrei essere donna in yemen, in somalia, in afganistan, la moglie di un taleban … o peggio ancora